Il Discorso Grigio di Fanny & Alexander. Un tassello per il “teatro riflessivo”

discorsi Fanny

Discorso grigio  è il primo episodio del progetto Discorso di Fanny & Alexander ma anche un tassello significativo di quello che da tempo provo a definire come “teatro riflessivo” che usa le istanze della contemporaneità sia a livello estetico sia di contenuti con grande consapevolezza.

Coerentemente con il tipo di ricerca di F&A – stratificato, complesso, che richiede di mettere in campo e contemporaneamente diverse prospettive di osservazione – il progetto indaga sulla forma discorso, sul rapporto tra l’individuo e la comunità e il gruppo sociale. Per questi motivi si pone sulla linea di un teatro sociologicamente interessante, capace cioè di fornire dei parametri di osservazione non tanto “realistici” ma adatti a costruire quei meta-commenti sul mondo, il nostro, indispensabili alla qualità riflessiva della performance.

L’indagine che si articola in 6 spettacoli e 6 radiodrammi attraversa le forme principali del discorso pubblico e delle sue declinazioni – politico, pedagogico, religioso, sindacale, giuridico e militare – associate ad un colore-simbolo. Al politico tocca il grigio. Ça va sans dire.

“Grigio è il colore della mescolanza perfetta di ciò che è bianco e ciò che è nero. È la differenza indifferenziata” (Chiara Lagani intervistata da Michele Dantini).

In questo spettacolo il peso della cultura visuale è garantito visivamente ma non solo: dal grigiore della scena e del personaggio ma anche dalla sua trasformazione in pupazzo/maschera – facendo pensare per inquietante preveggenza i politici clown evocati dal tedesco Steinbueck. Oltre alla testa gigante – maschera grottesca e carnevalesca – indossata nel finale sono le mani “imbottite” del politico idealtipico (magistralmente incarnato da Marco Cavalcoli) a farci entrare a Topolinia (cito Cavalcoli) ma anche nell’immaginario muppet e della performance, qui per citazione diretta Paul McCarthy.

cavalcoli-discorsoallanazione_enricofedrigoli

foto Enrico Fedrigoli

Il passaggio di F&A dai testi tratti dalla letteratura (Nabokov, Baum, ecc.) e dalla loro traduzione cinematografica alla testualità del discorso pubblico, e in specie politico, assume poi una valenza mediologica importante. Intanto c’è la retorica politica giocata in scena con il morphing di voci e attraverso una partitura sonora che oltre ad essere una cifra espressiva “tipica” di F&A costruisce la scena in chiave spaziale e temporale. Il suono, su composizione di Luigi De Angelis, dà il ritmo emotivo, attraversa e costruisce lo spazio ma le voci sono quelle dei politici di oggi e di ieri, integrati in fase successive – ci spiega Marco durante l’incontro con il pubblico dopo lo spettacolo al Teatro Rosaspina di Montescudo – in base alla “drammaturgia per rimandi” su cui con Chiara Lagani è stato messo a punto il lavoro.

fanny_alexander_discorso_grigio_castrovillari

La retorica quindi è fatta di modi, stili comunicativi e di gesti oltre che di parole demagogiche per cui, ancora una volta, quello che emerge dal gioco di riconoscibilità che non vuole essere di semplice imitazione è il corpo del leader (o del capo) e la sua resa mediale. Una resa giocata sul piano visivo ma anche della voce. Come dimostra l’attenzione verso il radiodramma, visto che la radio ha svolto sempre una funzione centrale per la propaganda politica ma è allo stesso tempo anche il luogo in cui possono collassare la sperimentazione artistica e di linguaggio tecnologico.

mani in alto-MarcoCavalcoli

Ritroviamo – dopo OZ e soprattutto West – il meccanismo dell’eterodirezione, metafora e sintesi del potere della comunicazione sui corpi, così come lo intendono F&A. Cavalcoli in cuffia segue comandi sui gesti da fare e sulle cose da dire, sorta di “vaso di risonanza delle voci che lo attraversano e lo fanno parlare”. Ed è in tutte queste voci che si compone un blob adattabile e che si rinnova in maniera morfogenetica senza stravolgere l’identità organizzata del lavoro. Nonostante i cambiamenti portati in corso d’opera – in relazione agli eventi congiunturali cui gioco forza la drammaturgia rimanda – lo spettacolo resta lo stesso essendo semmai, come sottolinea Cavalcoli, la declinazione di significato a cambiare così come il modo con cui essere osservato e interpretato dal pubblico.

Così quando l’attore – sempre sul finale – si ferma a guardarci uno a uno negli occhi possiamo pensare le cose più disparate. Non ultima quella di essere colpevoli anche noi.

maschera

Il dispositivo che viene attivato serve mettere insieme le retoriche con cui i media di massa e in maniera esplicita la televisione – ma a ben vedere anche la rete come ambiente che veicola contenuti dell’ambiente circoscritto dalla tv – rendono il discorso politico un’altra forma dell’intrattenimento. I talk show, sempre seguitissimi e adatti all’emergenza della social tv, e la satira sono i linguaggi adatti a creare e far circolare la comunicazione senza costrizione al consenso ma in maniera funzionale al funzionamento della pubblica opinione e delle sue trasformazioni. E in questo mi pare stia il significato di grande attualità di questo modo di fare teatro civile, una nuova cornice che definirei di TEATRO RIFLESSIVO.

5 pensieri su “Il Discorso Grigio di Fanny & Alexander. Un tassello per il “teatro riflessivo”

Lascia un commento