Sguardi panoramatici

Sguardo panoramatico, foto di Fabio Fornasari

Di fronte (o in mezzo) al panorama Bourbaki di Lucerna mi viene da pensare a come molte delle cose che sappiamo, di cui abbiamo letto e visto immagini acquistino un certo valore se viste “dal vivo”. Espressione artistica e pittorica, votata alla creazione di contesti immaginari per l'”illusione” (Grau), il grande dipinto circolare è l’occasione per “scrivere” una drammaturgia narrativa, un fatto “vero” legato alla guerra franco-prussiana. Ma è anche un esempio “da vedere” della messa in forma dello sguardo rappresentazionista dell’800, panoramatico appunto, medium adeguato alla messa a punto delle competenze comunicative del moderno. Oltre che dell’altrove qui (Morin).

Nel tempo, dopo il restauro, il faux terrain è stato arricchito di gruppi scultorei, la visita al panorama prevede ora l’ascolto del racconto, recitato, dell’episodio ritratto, il “senso” atmosferico, la luce artificiale che accentua il bianco della neve, come in lontananza si sentono colpi dei cannoni, un sound avvolgente (come ben fa capire Fabio). Come se fosse necessario – ma evidentemente lo è – calcare la mano sulla dimensione immersiva, esperienziale del panorama. Immagini da percepire attraverso il corpo. Immaginario performativo in azione.

La Passione secondo Second Front

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Intendiamoci: trattasi di libera interpretazione ma direi, e su questo concordavo con Roxelo, che il Minotaure di Second Front riguardasse la Passione di Cristo. Il giorno era quello giusto. Una performance “vera” nel senso formale del termine. Dal punto di vista estetico mi ha fatto venire in mente La Fura dels Baus, dei primi tempi: una danza tragica e rituale – con voice potente, musica in crescendo drammatico, sound “luciferino” – in una sorta di soft cell, con il pubblico “astante”, partecipante ma non interattivo (a parte me che mio malgrado mi trovavo sempre in mezzo). Quindi: performance teatrale. Un altro versante della spettacolarità in Second Life.

Le informazioni si trovano qui e qui. Ancora un caso di mixed reality event realizzato in Dorkbot SL e Dorkbot Paris. La logica dentro/fuori mi sembra interessante. 

E così finalmente ho visto Second Front e conosciuto, alla fine, Olga Wunderlich, owner della galleria Fleur de Lys, che in SL intervista gli artisti e il cui blog va seguito (a chi interessa ovviamente).

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Poi un passaggio all’incontro – che mi è parso un evento collegato – con finally Outlander, regista di machinima (da lui definito “the way of filming inside a video game”).

Alla fine-fine Buona Pasqua in unAcademy con Monica (che ha fornito le uova), Rosa e Asian.

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Una poesia

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Stefano Lunedei e la sua poesia per un augurio, di Pasqua e di primavera, a vivere le cose che ci capitano “in stato di veglia”. Lo stato poetico, lo dice Edgar Morin, è una qualità dell’identità umana. Usiamolo.

Se Pessoa

Se Pessoa non crede al destino

ma nomina appuntamenti

il minimo che possiamo fare

è arrivare in orario

puliti, persino ispirati

indossando limpidi occhi

e non forzare il passo

la vita se ne accorge.

Stefano Lunedei, Un nudo pugnale, Raffaelli Editore, Rimini.

La notte del vizio. La performance e il “come se”

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Rosa, Joannes, Liu sotto effetto di elisir

La partecipazione a un evento performativo in SL come La notte del vizio è sempre una buona occasione. Per riflettere, sì certo, sulle possibilità del Metaverso, ma anche per giocare. Per applicare quella apparentemente semplice coazione a giocare e a continuare a sperimentare da adulti la magia del “come se”. Il vizio come gioco, come pretesto per stare insieme, ridere forse delle proprie paure o dei propri desideri di trasgressione, qualora se ne avessero. Leggere descrizioni e post di Roberta, che ci ha invitato, di Fabio (prima qui e poi qui), la discussione sul ning di unAcademy.

liu-vola-roma-teschio.jpg  L’immaginario di Jeremy Fish

L’occasione inoltre è buona per parlare di street art (e rileggeremo la chat), per scoprire immagini e immaginario di Jeremy Fish. E per quanto mi riguarda scoprire che presto ci sarà una mostra di Marco Manray sempre su Second Life.

Grammatiche della performance. Digital Games per Torril Mortensen secondo me

gamers_1.jpg  Gamers, Todd Deutsch 

Dall’interessantissimo seminario di ieri Digital Games – not child’s play, sempre a Sociologia dei New Media e tenuto da Torril Elvira Mortensen, apprendo una serie di elementi utili, soprattutto per quanto riguarda lo stato dell’arte della ricerca sui media e sulle tipologie di approccio in cui si sotanziano: immersivo, strutturalista, contestuale. Il punto, per capire il significato sociale e comunicativo dei Digital Games, sta nella scelta di metodo più adatta e coerente con i cultural studies e con il pensiero della complessità: farsi le domande giuste. Da leggere il post di Luca.

Da quel che ho capito i Digital Games possono essere fatti rientrare nel continuum della performance (quello di Victor Turner) proprio sulla base degli elementi che servono a definire il frame “game”.

Rules, a goal, defined area, game objects, voluntary participation, game objects, involvement of a risk/tension.

Regole e obiettivi come fasi del processo peroformativo e occasione che dà origine alla performance; area definita dalla comunicazione dei partecipanti e oggetti che hanno senso all’interno di un sistema definito, appunto, dai confini della comunicazione; rischio e tensione che sono l’anima dell’efficacia ma anche volontarietà che invece riguarda l’intrattenimento. Ridefinizione dello spazio privato – garantito dalla portabilità della Nintendo DS – ma anche nuovi versanti della ritualità (come si vede nell’immagine che ho scelto e che rappresenta un LAN Party in un hotel alla periferia di Minneapolis di cui ho letto su Exibart). 

Gazira Babeli: 64 people… Who thinks that SL audience is a B-Side audience?

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Doppio vernissage per Gazira Babeli: ieri (15 mar 08) alla Fabio Paris Art Gallery di Brescia e nell’isola Locusolus (qui) in SL . Un’occasione buona per capire il senso della performance contemporanea, liminoide e a forte sfondo di intrattenimento, e per ribadire come SL sia il luogo ideale per la sua realizzazione.

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Che l’opera di Gazira Babeli sia in mostra è segno del riconoscimento del sistema dell’arte dell’adeguatezza di questo tipo di lavoro. L’evento festa-performance centrato sul linguaggio specifico di SL fa però un’importante differenza. I gesti di Gazira, già con la trasformazione dell’avatar in un’astronave, la progressiva esplosione di visioni, suoni, musica, oggetti (le fantomatiche pizze su sottofondo musicale di O sole mio versione remix), momenti di crash, contributi creativi degli avatar/audience. SL è un mondo dove usare i meccanismi percettivi insieme alle fantasticherie dell’immaginario:  dal lasciarsi trasportare da pesci volanti tutto intorno alla stanza-galleria (riproduce quella in RL?) fino ad entrare nei piedistalli per diventare statue. 

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Come dire: essere parte della mostra (una citazione di Piero Manzoni?) e dell’azione performativa da una parte, e operare con l’osservazione di secondo ordine, dall’altra. L’idea, rubo dalla IM con Joannes una sua riflessione, sembra quella di “idolizzare” il proprio avatar che è già una forma di “idolizzazione” di sè in qualche modo.

 L’acme della festa 

Non è mancata nemmeno la dimensione star system. La presenza di personaggi noti nel mondo dell’arte in SL: Man Michinaga, Marco Manray (almeno nella chat l’ho visto nominare ma chi può dirlo?), Domenico Quaranta. Solo che la possibilità di interazione è garantita in pieno dalla chat, basi pensare a Gazira Babeli che spiega come entrare nel piedistallo a un avatar che glielo chiede. Insomma: un caso di mentorship informale (mi preparo per i compiti) nello spirito più vitale della cultura partecipativa.

Sofi in the box. Discorsi utili fra politica, rete e partecipazione

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L’incontro con Antonio Sofi, sempre nel corso di Sociologia dei New Media e su invito di Giovanni, mi è piaciuto. Competenza fa rima con garbo e levità in questo caso. Uno stile da imparare (e lo dico per me). Mi sembra di capire che pur nel contesto della personalizzazione della politica, prodotto dai media generalisti, e ancora rappresentato bene ad esempio in Democrazy, la rete tenda sempre di più ad essere la leva per la produzione dell’immagine vincente dei candidati. Il caso Obama ne è la prova. La politica online è quindi un tema importante per osservare non solo le nuove derive della comunicazione del sistema politico ma anche per osservare le declinazioni della cultura partecipativa. Sofi dice “che Internet ci ha cambiato la testa” e mi sembra che questo significhi la possibilità di osservare una piccola rinascita dell’interesse per la politica dopo il disincanto degli anni ’80. Anche “l’antipolitica” vi rientrerebbe come tema. Ho sempre pensato, e cito Abruzzese, che il linguaggio televisivo rappresentasse il recupero nella società di massa dell’incontro rituale fra comunità e multimedialità dell’espressione simbolica. Sofi spiega che, in relazione alla politica, senza dimenticare il ruolo della TV (forma più adatta alla Clinton, ad esempio, e non certo superata dalla rete) il passaggio da osservare, se non ho capito male, è verso un modello di partecipazione “più focalizzato e di nicchia”.

box_photos.gif   Allora visto che si parla di culture partecipative che dire del progetto dell’artista pop Heather Courtney Hillary in the Box? Uno scaramacai, ricordi d’infanzia mi fanno pensare a mia sorella che si è fregata quello che avevamo in casa, da cui far uscire la nostra preferita. Chissà mai che non ci faccia una sorpresa. Se no ci possiamo sempre accontentare dello schiaccianoci. 

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Ansia della performance

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Mentre gustavo ieri sera a Bologna lo spettacolo di Paolo Poli Sei brillanti giornaliste novecento riflettevo: sulla dinamica del teatro, ostinatamente medium dello sguardo ma animato dall’hic et nunc; sul contenuto dello spettacolo: un mirabile cabaret, curatissimo nelle scenografie, nei costumi, ecc. ma anche esempio di rimediazione (guarda un po’, c’è anche un riferimento ai cantastorie, vedi foto) in cui la storia d’Italia e la sua memoria (Roberta non me ne voglia) viene raccontata attraverso le pagine delle giornaliste, la radio, la canzone popolare fino agli anni ’80. E così, cercando di recuperare la lettura dei feed e dei ning (pure quelli adesso!) mi sono imbattuta nel post di Valentina che mi sembra collegato a queste mie impressioni. Solo che poi salto ai post di Fabio/Asian, di Giovanni, Alberto, Elena, ai commenti dopo Granieri prima, Fabio, Luca (in inglese!) e dopo le culture partecipative poi (o viceversa?), mi guardo tutti i compiti degli unStudents, commento qua e là, poi ricordo che Gianky mi ha mandato dei link e scopro una performance che vorrei vedere e di un’altra mostra a cui andare, ho dei film da vedere, musica da ascoltare e mi sembra di non farcela a sbrogliare la matassa dei miei pensieri. Ah già c’era anche la complessità. In sintesi non riesco a fare un post mirato. La chiamerei: ansia della performance.

Granieri, righe, e qualche key word

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foto di Fabio Giglietto, grazie

Ne parliamo tutti, noi che c’eravamo. Perchè l’incontro con Giuseppe Granieri e gli studenti di Scienze della Comunicazione (in particolare del corso di New Media), e non solo, lo abbiamo vissuto un po’ come un evento poi e come attesa prima.

Le riflessioni più articolate e centrate si trovano qui e qui e naturalmente qui. Personalmente mi sono segnata alcune parole/frasi chiave che messe in fila (ma anche non in fila per carità!) mi sembra che abbiano un senso interessante.

Il titolo: La conquista dello spazio nella vita digitale. Granieri chiede a Fabio 5 domande “contro” Second Life per impostare il ragionamento sul contradditorio. Non male nei termini del procedimento scientifico. Vediamole (sintetizzatissime da me): 1. SL è una chat con dei pupazzi; 2. SL consuma moltissima energia; 3. i giovani usano i social network e non SL; 4. SL è una piattaforma con dei vincoli che non saranno esportabili (quindi: cosa impariamo lì che si possa riciclare altrove?); 5. che cos’ha SL in più rispetto ai mondi venuti prima (Sims, Active Worlds)?

Le risposte nei punti che seguono, dai miei appunti, suscettibili di correzioni (a parte il ritratto a biro di GG sul mio quaderno). 1. La tecnologia è un mero accidente abilitante; 2. subordinazione della tecnica alla cultura; 3. peso al senso del “reale” e rapporto con “virtuale”; 4. tecnologia dell’esperienza: try and search; 5. avatar e senzo dello spazio: percezione dello spazio come interfaccia; 6. SL è un mondo metaforico: metafora che permette di muoverci con gli stessi parametri della realtà; 7. da parola “virtuale” a “uomo”; 8. concetto storicamente determinato dalla cultura; 9. oltre i limiti del biologico (non siamo le monadi di Leibniz nella stanza dei bottoni); 10. umanità accresciuta: livello di umanità diverso che si accompagna a quello tradizionale con la possibilità di fare un botto (parola sua) di cose (ad esempio in unAcademy si è creato un processo sociale); 11. non tutto idilliaco ma il nostro concetto di “uomo” si sposta anche sul supporto immateriale; da abeas corpus a abeas corpus digitale; 12. in tutto ciò non si può prescindere da SL ; 13. gli early adopter stanno lavorando sui mondi metaforici; 14. quando una tecnologia diventa una commodity non ha più un contenuto di innovazione in sè: passaggio che dovrà “toccare” anche a SL; 15. SL è alla sua preistoria ma non serve restare semplici utenti: vedi la chat del muretto, e chi vuol capire capisca: parole di guru! :-).

Magnitudini della performance

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Magnitudini della performance è un saggio che dà anche il titolo a un volume di Richard Schechner. Riprendo questo titolo per ribadire l’esistenza di un filo rosso, sempre in evoluzione, fra una serie di eventi della comunicazione che si definiscono solo e soltanto nella relazione fra partecipanti co-produttivi, co-implicati. La logica è quella della comunicazione “dal vivo” in un senso ben più complesso del semplice faccia a faccia.

Ci pensavo in relazione alla performance Prophecy and Poetry in Second Life, grazie a Roxelo, e andando a vedere i lavori di Gazira Babeli. Passando per l’incontro con Moni Ovadia a Scienze della Comunicazione a Urbino e alla sua lezione sul teatro, rito laico, su Brecht in particolare e sul rapporto con il pubblico. E ancora Anna Karenina di Nekrosius, a Bologna. Lì mi veniva in mente anche Barthes e i miti dei giovane teatro: la fatica dell’attore, il suo sudore come piacere ultimo per lo spettatore. Ma che dire della fatica anche fisica dello spettatore impegnato per 4 ore e mezza a seguire lo spettacolo? E ancora la lezione sulle culture partecipative in unAcademy. La lezione, performance in sè, con avatar super-attivi e competenti a parlare delle forme performative che sono centrali nei media convergenti. E forse tutto questo c’entra anche con il dibattito che troviamo qui  (ma per chi ha un avatar anche qui) e che riguarda i giovani e le forme di auto-rappresentazione.

Insomma contenuti e forme: magnitudini della performance.