Balla che ti passa. L’8 marzo e la sua inutilità

Non è che me ne freghi molto dell’8 marzo però la puntata di oggi di Tutta la città ne parla, Radio3 condotta dall’intelligente e garbato Giorgio Zanchini, mi ha convinto a lasciare una traccia qui. A partire dal tema lanciato da un’ascoltatrice di Prima Pagina che sottolineava l’opportunità di non considerare questa ricorrenza una festa ma un’occasione di riflessione sulla condizione femminile, in Italia, passando per gli interventi delle ospiti della trasmissione, fino ad arrivare al silenzio degli studenti quando oggi in classe chiedevo quale fosse a loro parere l’immaginario femminile dominante da noi, c’è una linea di continuità che fa pensare.

I temi sono quelli noti: il lavoro, la maternità, la politica, il corpo. Ma c’è una cosa che mi colpisce sempre e che riguarda quelle forme becere dell’immaginario (avevo iniziato qui ma ce ne sono 7) che hanno caratterizzato i post seriali che ho smesso di scrivere per questioni di ridondanza. Come dire: alla lunga non dicevano niente di più di un dato verso il quale sembriamo essere assuefatti e assuefatte.

Chiara Saraceno diceva che se fosse più giovane, e forse non esserlo più tanto per alcune può essere un buon momento per tirarsi fuori, sarebbe disperata o quanto meno depressa. Anche io lo sono. Senza contare il fatto che oggi mi si è sbeccato il gel rosso sulle unghie.