Elogio dell’immaginario ovvero Santarcangelo dei bambini

Il teatro per i bambini esprime una vitalità espressiva e narrativa che va bene (anche) per i grandi. Quello che ho visto al Festival di Santarcangelo mi è parso particolarmente utile per riflettere sul senso del teatro, dal punto di vista delle forme e dei temi, forse perché la necessità di dover coinvolgere i bambini rende i teatranti più narrativi e, mi verrebbe da dire, più liberi. Ma non so.

Sta di fatto che con Bianca e Alice, le mie nipoti, e con i nostri accompagnatori vari abbiamo visto L’atlante delle città, di e con Antonio Panzuto. Una perfetta e immaginifica macchina scenica per raccontare attraverso il rimando alle Città Invisibili di Calvino il viaggio reale e immaginario.

Abbiamo cercato Piccolo blu e Piccolo giallo con le Laminarie in Emaki. Storie arrotolate. Spettacolo itinerante in un percorso di luoghi e di evocazioni letterarie, quelle delle favole (da riconoscere).

Piccoli idilli, Sole nero Luna rossa. L’eclisse spiegata ai bambini a partire da una storia della tradizione africana.

E infine Buchettino della Socìetas Raffaello Sanzio. Dai nostri lettini di legno, in una scatola-stanzetta illuminata da una flebile lampadina, abbiamo ascoltato e guardato la bravissima Monica Demuru narratrice di eccezione per una favola senza tempo. La costruzione scenica e il ruolo centrale dei suoni, dei rumori, della voce anzi delle voci come messa a tema della centralità vera dello spettatore. Qui infatti la componente visiva lascia il posto al regno del suono che, legato più profondamente al respiro e al corpo, ci riporta alle origini della performance e all’esserci vitale dei partecipanti.

Verso la società-mondo. L’elettricità vista da Teatrino Clandestino

L’idealista magico riportato in scena da Teatrino Clandestino a Santarcangelo è un lavoro interessante per immaginare come la scoperta dell’elettricità, e la sua messa in mostra nei salotti della società a incipiente spettacolarizzazione dell’800, abbia poi scompaginato e poi ridefinito lo spazio nonché i modi e i tempi per consumarlo. Dal punto di vista dei media ci viene messa in luce – anche se a lume di candela – la fase evolutiva cruciale che già McLuhan aveva indicato.

Mi fa piacere avere visto uno spettacolo che fa parte della storia del nostro teatro di ricerca, credo, e che può essere visto in chiave evolutiva come la messa a tema dell’evoluzione dei media. Nel caso del Teatrino poi il percorso è stato verso l’uso molto raffinato ma soprattutto funzionale alla drammaturgia del video fino al suo superamento.

I fell in love with Mackie Messer

Non poteva inziare meglio la serie di performance che occuperà parte del mio mese di luglio e di un certo “dolcemente viaggiare“.

Bertolt Brecht, L’opera da tre soldi con la Berliner Ensemble diretta da Bob Wilson al festival di Spoleto, ieri.

L’esortazione di Brecht a fare del buon teatro un teatro divertente è colta e resa perfettamente: nel rigore del testo e della potenza epica del teatro miscelata nell’estetica di Wilson e nella bravura assoluta dei Berliner. Nelle immagini così come nelle citazioni – Chaplin e Betty Boop – nel cabaret (torna alla memoria quello cinematografico di Bob Fosse) e nel luna park, nell’ambiguità ammiccante e nel burlesque, nei rimandi all’espressionismo (Grosz) e nella musica di Weil rigorosamente suonata dal vivo.

Una giornata indimenticabile per me, Roberta, Fabio, Giovanni mio cognato e Annagrazia, mia sorella, che mi ha mandato questo articolo di Sergio Colomba e che dice molto di quello che ci serve sapere.