[Spoiler Alert] Attenzione questo post contiene uno spoiler, cioè una rivelazione sul lavoro di cui tratta. Non leggetelo se volete la sopresa.
Già dalla pagina dedicata dal catalogo di Santarcangelo41 al lavoro presentato dalla compagnia Menoventi sono state ordite le trame di un fake teatrale cioè di un falso. Un termine legato alla semantica di Internet e che arte e pubblicità utilizzano come strategia creativa e come metafora della finzione cui siamo sempre sottoposti. Diventa perciò sempre più stimolante osservare le derive della comunicazione e il modo in cui il teatro, dal vivo, se ne (ri)appropri.
Presentato come un cortometraggio frutto di una nuova esperienza cinematografica del gruppo, in collaborazione con il regista Daniele Ciprì, cui poi sarebbero dovuti seguire i “dibattiti” sui temi Una questione di prospettiva e Una prospettiva sulla questione (!), Perdere la faccia svela ben presto lo stile ironico, surreale e tragico di Menoventi.
Qualcuno lo chiama ironico-surreale (anche qui), qualcun altro rimanda al teatro dell’assurdo. Sta di fatto che il film ovviamente non c’è e in scena i due attori non possono fare altro che continuare a reiterare la presentazione del film, uscendo e rientrando tutte le volte che il film non parte (loop), fino ad essere interrotte da una figura che esplicitando la dimensione meta-teatrale, interagisce con il pubblico e che spezza quella ripetizione, crea incidenti di percorso che fanno ridere ma che non fermano le due marionette-robot che continuano fino alla fine, nonostante tutto, a presentare il “loro” film. Il tutto in un crescendo che diventa tragico e che ancora una volta, cioè ancora una volta rispetto a quello che ho visto in questi giorni, chiama in causa il corpo ferito e protagonista della body art – ad esempio quello di Consuelo Battiston provato dalla cipolla sfregata vicino ai suoi occhi – che riporta l’attore in carne e ossa e al lavoro dello spettatore al centro del teatro.