La solitudine cannibale di Babilonia Teatri. Note su Pop Star

Che il teatro abbia un rapporto privilegiato con la letteratura è possibile osservarlo non solo quando un testo, non necessariamente nato per il teatro, diventa pretesto della messa in scena ma quando, come mi pare in questo caso, è uno stile di scrittura – la sua forma ma anche i suoi contenuti – ad essere tradotto in linguaggio dramaturgico.

Pop Star di Babilonia Teatri, visto ieri a Ravenna nell’ambito di Nobodaddy (rassegna curata dal Teatro delle Albe e che merita di essere seguita), è un testo cannibale degno di certi scritti e di certi autori, mi viene in mente Ammaniti, che hanno raccontato il nord-est italiano e rappresentato un certo tipo di scenario fosco.

In quel modo serratissimo di proferire parole in veneto che caratterizza il modo di Babilonia – stavolta differenziato sui tre personaggi in scena, ognuno in piedi nella sua bara, per distinguerne i caratteri e la parte di vicenda che li riguarda, come spiega bene Carlotta Tringali – si sviluppa un racconto violento e tragico spezzato da momenti di decompressione, ad esempio con il ballo (momento esilarante dello spettacolo).

Una modalità di “stacco”, che spesso aggiunge un momento di intrattenimento, rintracciabile mi sembra in buona parte della scena contempoaranea in cerca di quello straniamento per via delle interruzioni e dello shock (attraverso le song, le didascalie, ecc. del teatro epico brechtiano spiegato da Benjamin) che ricordano allo spettatore di essere a teatro.

Non è quindi un caso che i tre, proprio nel momento in cui muoiono, si ritrovino a pensare a Laura Pausini quando vinceva San Remo con La solitudine.

E così una canzone e un evento televisivo che più pop non si potrebbe fanno da colonna sonora ad un’altra rappresentazione della morte, fra surrealtà e ironia nella cornice dell’industria culturale che generazionalmente condividiamo. Tema, quello della morte, che fa da sfondo alla ricerca di Babilonia e delle produzioni dell’immaginario impegnate da sempre ad attivarne almeno l’esorcismo simbolico.

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